CR7 e Coca Cola, un caso di influencer marketing

CR7 e Coca Cola, un caso di influencer marketing

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Partiamo dalla fine: se tu partecipi ad una competizione la sposi nel suo complesso, sponsor inclusi, altrimenti semplicemente non partecipi. Oppure magari decidi, perché a meno di accordi particolari è un tuo diritto (e non perché sei una star globale), di non metterci la faccia e in conferenza mandi un altro compagno in accordo con il tuo responsabile della comunicazione. Dunque, se Euro 2020 è legato a marchi quali Coca Cola o Heineken tu quei marchi non li tocchi anche se non ti entra in tasca un centesimo. Chi legge è libero di non essere d’accordo, ma la norma dovrebbe essere questa. Siamo nell’era dei grandi tornei sponsorizzati, dei campionati brandizzati, degli stadi
che portano i nomi di uno sponsor
, siamo nell’era dei contratti milionari per associare i nomi dei marchi agli eventi e ai personaggi in vista e proprio loro non possono ipocritamente permettersi di fare di testa propria causando incidenti diplomatici dalle ripercussioni economiche non trascurabili.

EURO 2020: 'The balance of power is shifting from sponsors to athletes' |  Euronews

Le considerazioni qui sopra sono collegate naturalmente a quanto successo agli Europei di calcio, al noto e discusso episodio che ha visto coinvolti Cristiano Ronaldo e la Coca Cola (per la quale il lusitano fece da testimonial per il mercato asiatico più di dieci anni fa…). Senza dimenticare i casi piuttosto simili dei vari Pogba e Locatelli, ma chiaramente il portoghese fa molto più rumore e non si offendano i suoi colleghi. Nascondendo dall’inquadratura della conferenza stampa le bottigliette di cola e invitando a bere soltanto acqua, CR7 ha apparentemente caldeggiato uno stile di vita e alimentare più sano senza bibite gassate e zuccherate ma riflettendoci in realtà ha fatto molto
di più. Ha fatto una vera e propria operazione di marketing da grande brand quale ormai è
(Ronaldo, si sa, è un’azienda che cammina), ai danni – consapevolmente o meno – di un altro brand con il quale lui non ha rapporti commerciali in prima persona. A pensar male si fa peccato, ma…

Ma si, diciamolo, Cristiano è consapevole del valore del suo brand personale e molto probabilmente “concedere la propria immagine” alla Coca Cola senza un ritorno economico diretto non gli è sembrata una buona idea. La Uefa ha prontamente ammonito lui e gli altri chiedendo rispetto per gli sponsor e per gli obblighi minimi della nazionali verso i marchi che sostengono la competizione continentale (e in Europa è andata pure bene, dato che dall’altra parte del mondo la Copa America è associata a Sinovac… immaginate, per assurdo, episodi paralleli con un Messi no-vax o un Neymar che dice “vaccinatevi sì, ma solo con Pfizer”). Intanto, soltanto con un gesto del portoghese, secondo alcune fonti Coca Cola avrebbe bruciato quattro miliardi di dollari. Potere di quello che il Guardian ha definito come un “colosso della cultura pop”, forte dei suoi 300 milioni di followers sui social. Secondo altre fonti come Forbes, invece, il titolo Coca Cola avrebbe perso quei miliardi per ben altre cause alcuni minuti prima di quel gesto, mentre dopo avrebbe riguadagnato più di un miliardo proprio grazie ai rumors scatenati dall’episodio di CR7 a Budapest.

Cristiano Ronaldo e la Coca Cola: Ikea risponde così...

In un mondo inevitabilmente sempre più social e più connesso, in una continua realtà aumentata che non può ignorare l’universo disponibile sugli smartphone di chiunque ai quattro angoli del globo, succede questo: un influencer può spostare gli equilibri con una facilità disarmante. Per i pochi che avessero ancora dubbi in proposito, l’affaire CR7 ribadisce inequivocabilmente il concetto. Se il calciatore famoso che non beve bibite e non ha contratti con queste aziende si schiera promuovendo uno stile di vita iper-salutista a base di acqua per un mero ritorno di immagine (la sua, ovviamente), persino la Coca Cola subisce effetti (negativi o positivi che siano). Contando la capacità di muovere non solo soldi ma anche opinioni, oggi Cristiano Ronaldo è un brand più forte della Uefa, più forte del proprio club o della nazionale, in grado di ispirare anche Ikea (sempre sul pezzo) che ha lanciato la bottiglia modello ‘Cristiano’ da dedicare solo all’acqua, economica, in vetro e sostenibile.

Insomma, CR7 è praticamente la Chiara Ferragni del calcio ma senza Fedez. Basta un suo gesto, un suo post sui social, una sua dichiarazione, per far portare alla ribalta un argomento o un prodotto. Sorseggiando “una cochina bella fresca” (cit), prendiamone atto una volta per tutte: l’influencer marketing oggi fa inevitabilmente parte delle dinamiche sociali e culturali, investe tutti i mondi – incluso naturalmente quello dello sport – ed è in grado di spostare valanghe di soldi e di interessi. E quanto successo agli Europei è, di fatto, ascrivibile alla categoria dei casi di influencer marketing.

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